Quello delle artigianali è un mondo in perenne evoluzione.
A differenza del mondo del vino dove le diverse tipologie sono normate in modo rigido dai disciplinari di produzione, nel mondo della birra non esiste nulla di simile.
Da qualche anno ormai tutti quanti fanno riferimento al documento BJCP (beer judge certification program) documento in cui si è cercato di organizzare e classificare tutti gli stili di birra esistenti al mondo.
Il documento è però in perenne evoluzione in quanto dagli USA, dall’Italia o da ogni altro angolo del mondo possono nascere dal basso nuove tipologie di birra letteralmente inventate dai birrai di una certa zona che poi si diffondono e diventano modi internazionali fino ad acquisire seguito sufficiente da essere inglobati nel documento e diventare ufficiali.
Tranne che in alcune eccezioni, non si tratta di disciplinari scolpiti nella pietra, se così fosse si perderebbe quella parte di creatività ed originalità che è l’humus sul quale nascono sempre nuove tipologie e stili di birra.
Nel momento in cui uno stile viene codificato in maniera rigida e non è permesso ai birrifici di aggiungere del proprio, diventa uno stile sì rispettato e uguale a ste stesso, ma allo stesso tempo – lasciatemi dire – morto, arido, secco in certi casi.
Alcuni esempi di stili che sono stati molto ben codificati e quindi hanno forse smesso di evolversi nel tempo sono per esempio le Kölsch in Germania.
Un birrificio per poterne produrre una deve rispettare un rigido disciplinare e trovarsi in una specifica area geografica: questo fa si che questo stile si possa trasmettere nel tempo sempre uguale a se stesso.