Storia della Birra Artigianale Italiana: Origini, Evoluzione e Trend
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Storia Della Birra Artigianale in Italia

Storia della birra artigianale Italiana

Storia della Birra Artigianale Italiana

La birra artigianale italiana è una storia recente, ma intensissima: in pochi decenni l’Italia è passata dall’essere una terra quasi esclusivamente di vino e grandi marchi industriali a uno dei Paesi più creativi e rispettati al mondo nel panorama craft.

Questa trasformazione è fatta di pionieri, sperimentazioni, errori, rivoluzioni stilistiche, nuove leggi e un numero crescente di birrifici indipendenti. In questo percorso si inserisce anche il Birrificio Granda, nato nel 2011 nel cuore agricolo della provincia di Cuneo, con radici profondamente locali e un’attitudine sempre più internazionale.


1. Prima della rivoluzione: l’Italia della birra industriale

Fino agli anni ’80 e per buona parte dei ’90, la birra in Italia è quasi sinonimo di prodotto industriale. Il mercato è dominato da pochi grandi marchi nazionali, con un’offerta concentrata su pochi stili “da grande distribuzione”, pensati per essere:

  • facili da bere per il grande pubblico;
  • semplici da produrre in grandi volumi;
  • stabili e a lunga conservazione;
  • il più possibile uniformi nel gusto.

La birra è percepita come una bevanda “da pizzeria” o “da bar”, raramente come un prodotto gastronomico da abbinare ai piatti o da degustare con la stessa attenzione riservata al vino. L’idea di birra artigianale semplicemente non esiste ancora nel vocabolario comune.


2. I pionieri (fine anni ’80 – metà anni ’90)

Tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90 iniziano a comparire i primissimi esperimenti di microbirrifici e brewpub. Sono realtà piccole, spesso collegate a ristoranti o locali, guidate da appassionati che hanno scoperto il mondo della birra di qualità viaggiando all’estero o tramite l’homebrewing.

Questi pionieri hanno in comune alcune caratteristiche:

  • sistemi produttivi semplici e spesso artigianali in senso letterale;
  • forte spirito di sperimentazione;
  • assenza di modelli italiani da imitare, quindi grande libertà creativa;
  • un pubblico inizialmente molto ristretto, fatto di curiosi e appassionati.

È in questa fase che l’idea di birra come prodotto gastronomico inizia timidamente a farsi strada: nascono le prime birre pensate per il consumo consapevole, per l’abbinamento con il cibo, per la degustazione al bicchiere.


3. La prima ondata (1996–2005): la nascita del movimento artigianale

La vera “prima ondata” della birra artigianale italiana si sviluppa tra la seconda metà degli anni ’90 e i primi anni 2000. In questo periodo:

  • aumenta il numero di microbirrifici e brewpub;
  • si affacciano sul mercato le prime birre italiane con forte identità;
  • la figura del birraio artigiano inizia a farsi conoscere.

La qualità è molto variabile, i sistemi produttivi a volte rudimentali, ma la direzione è chiara: la birra può essere qualcosa di diverso dalla lager industriale da supermercato. Nascono i primi festival specializzati, le prime carte delle birre nei pub, le prime collaborazioni tra birrifici.

È anche il periodo in cui si comincia a parlare di stili in modo più consapevole: non più “chiara, rossa, scura”, ma ale, stout, porter, weizen, pils, e così via. L’Italia si avvicina al linguaggio internazionale della birra.


4. La seconda ondata e la nascita di Granda (2005–2012)

Tra il 2005 e il 2012 il movimento entra in una fase di espansione più decisa: crescono i birrifici, la qualità media migliora, la birra artigianale inizia a uscire dalla nicchia degli appassionati hardcore per arrivare a un pubblico più ampio.

È in piena seconda ondata che, nel 2011, nasce anche il Birrificio Granda, in provincia di Cuneo. Il nome stesso “Granda” richiama il soprannome della provincia, evidenziando il legame con il territorio agricolo piemontese: campi, materie prime, tradizione contadina.

Granda nasce come birrificio agricolo con una visione chiara:

  • un forte radicamento locale, nella filiera delle materie prime e nel paesaggio rurale piemontese;
  • una marcata attitudine internazionale, aperta fin da subito al confronto con la scena craft europea.

Questa doppia identità – locale e globale – è uno dei tratti caratteristici della nuova generazione di birrifici italiani, che vede il territorio non come un limite, ma come un punto di partenza da portare nel mondo.


5. L’esplosione del movimento e la legge sulla birra artigianale (2010–2016)

Tra il 2010 e il 2016 la crescita diventa vera e propria esplosione: il numero di birrifici italiane passa da poche centinaia a oltre un migliaio. Il termine “birra artigianale” entra nel linguaggio comune e si affermano alcuni elementi chiave:

  • pub e birrerie specializzate solo in craft beer;
  • distributori dedicati alla birra indipendente;
  • festival nazionali e regionali sempre più frequentati;
  • prime esportazioni strutturate all’estero.

In questo contesto, il ruolo di birrifici come Granda è quello di definire uno stile italiano moderno: birre pulite, tecnicamente curate, con identità chiara e spesso pensate per il servizio alla spina nei locali specializzati.

Nel 2016 arriva inoltre un punto di svolta fondamentale: la legge italiana sulla birra artigianale, che definisce cosa possa essere chiamato “birra artigianale” a livello normativo, distinguendo nettamente:

  • i birrifici indipendenti (sotto i 200.000 hl annui, senza partecipazioni di grandi gruppi industriali o distributori);
  • le birre non pastorizzate e non microfiltrate.

Per la prima volta il termine “artigianale” cessa di essere solo un concetto di marketing e diventa una categoria riconosciuta.


6. La maturità: collaborazioni, festival e scena internazionale (2017–oggi)

Dalla seconda metà degli anni 2010 ad oggi, la scena della birra artigianale italiana entra in una fase di maggiore maturità. Il numero dei birrifici si stabilizza, la qualità media cresce e il confronto con l’estero diventa parte integrante del lavoro quotidiano di molti produttori.

È in questa fase che realtà come il Birrificio Granda assumono un ruolo sempre più attivo anche fuori dai confini italiani. Granda interpreta il proprio ruolo nella scena internazionale attraverso:

  • collaborazioni con alcuni dei migliori birrifici d’Europa, che permettono scambio di competenze, stili e tecniche;
  • la partecipazione a numerose manifestazioni e festival prestigiosi oltre confine, portando le birre piemontesi davanti a un pubblico sempre più ampio;
  • l’organizzazione di un festival internazionale della birra a Torino, che riunisce birrifici italiani ed esteri e si avvia verso la sua terza edizione.

Queste attività non sono semplicemente “promozione”: fanno parte di un movimento più ampio, in cui i birrifici italiani contribuiscono attivamente alla definizione del linguaggio craft europeo, sia dal punto di vista stilistico che culturale.


7. Cosa rende unica la birra artigianale italiana

Nel panorama mondiale, la birra artigianale italiana è considerata unica per una serie di motivi che vanno al di là dei singoli marchi:

  • Creatività libera da vincoli storici – A differenza di Paesi con tradizioni brassicole rigidissime, l’Italia ha potuto sperimentare fin da subito, mischiando stili, tecniche e ingredienti.
  • Legame con il territorio – Molti birrifici nascono in contesti agricoli o rurali e valorizzano materie prime locali, filiere corte, paesaggi e tradizioni.
  • Influenza del mondo del vino – Cultura della degustazione, attenzione al bicchiere, cura del servizio e abbinamenti gastronomici sono elementi mutuati dall’enologia.
  • Progetti agricoli e indipendenti – Come nel caso di Granda, la birra viene vista come espressione di un’azienda agricola moderna, capace di produrre valore sul territorio e dialogare con l’estero.

Anche per questo, in pochi anni l’Italia è passata da Paese “senza tradizione birraria” a uno dei riferimenti europei per qualità e sperimentazione.


8. Il futuro della birra artigianale in Italia

La storia della birra artigianale italiana è ancora in pieno svolgimento. Le sfide dei prossimi anni riguardano:

  • sostenibilità: logistica del freddo, ottimizzazione dei trasporti, utilizzo di fusti e packaging più efficienti;
  • educazione del consumatore: aiutare il pubblico a distinguere tra vero artigianale, pseudo-artigianale e industriale;
  • qualità costante: mantenere standard elevati anche in fasi di crescita o di difficoltà economica;
  • rapporto con la ristorazione: portare la birra artigianale sempre più dentro i menù dei ristoranti di qualità;
  • presenza internazionale: continuare a esportare, collaborare, partecipare ai festival e far conoscere lo stile italiano nel mondo.

Birrifici come Granda, nati nel cuore agricolo del Piemonte e cresciuti dialogando con la scena europea, rappresentano bene questa nuova fase: radici solide nel territorio, sguardo aperto sul mondo.

La birra artigianale italiana non è più una moda passeggera, ma una parte importante della cultura gastronomica contemporanea. E la sua storia, iniziata solo pochi decenni fa, ha ancora moltissimi capitoli da scrivere.


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